Becetta, Col della Croce e gli altri monti di Treia


Ho già detto [...] che sono un razionalista che pone dei limiti alla ragione. Nella sua continua Ricerca (non importa di che) la ragione è sempre destinata a incontrare un muro (“il muro della terra” appunto) o un “ultimo borgo”, oltre il quale non può avere accesso: quelli che ho chiamato “i luoghi – per lei – non giurisdizionali”.



Start: Fosso delle Belle Donne
Distance: 1.900 km
Elev. Gain: 384 m
Avg Grade: 14,6 %
Max Grade: 27 %
Min Elev: 248 m
Max Elev: 533 m
Climb Category: GPM 2
Strava Segment: 28300723
Google Map: SDM001-Pitino


Siamo nelle mammelle. Siamo nell'oscura geografia di selve e di fossi che si ammucchiano le une sugli altri tra Treia e le prime montagne dell'Appennino. Luoghi così appartati che solo in pochi sono consapevoli che esistano. Sono quei luoghi "non giurisdizionali" dove, sebbene in un'accezione totalmente diversa, Giorgio Caproni immaginava di trovare un metaforico "muro della terra". 
Nella mia ricerca (con la lettera piccola) è successo così anche a Salite delle Marche; una domenica d'aprile ci siamo imbattuti in un muro di terra per niente metaforico. Metaforico quanto un rastellata sulla fronte.
La giurisdizione della mia immaginazione per anni non si era spinta oltre Fondelci, la località dove c'è l'area verde di San Lorenzo e da dove parte la stradina dello Scout Park di Treia.
Con l'occhio sinistro avevo sempre visto una strada che si perdeva nel mare mosso delle colline e, per una volta, volevo sbarcare a Fondelci dopo aver attraversato quel mare. 

Contrada Santa Maria in Piana

Sono dunque partito, carte nautiche alla mano, dalla valle del Potenza e mi sono inoltrato lungo la Contrada Santa Maria in Piano. Conoscevo il punto d'arrivo, conoscevo il punto di partenza. Cosa ci sarà mai - mi chiedevo - in mezzo? Ovviamente... un muro di terra. 
Si capiva da subito: a sinistra c'è la gigantesca tetta del Monte di Pitino, a destra la tetta gemella del Monte Verde: la strada ci passa in mezzo, seguendo la scollatura scavata dal Fosso delle Belle Donne e tutti sanno come le belle donne, generalmente, portano guai.

A proposito, la strada si chiama Becetta, inizia a salire alla confluenza del Fosso delle Belle Donne e del Rio Catignano. Giustamente la toponomastica segna su questo incrocio il confine di contrada: da Santa Maria in Piana (sic!) si passa a quella di San Lorenzo Martire.
Il primo chilometro è ancora praticamente in pianura, ma dopo la classica svolta a destra Becetta si rivela la gemella depolverizzata della Madonnella di Pitino.
Per quasi due chilometri l'asfalto si arrampica sul fianco del Monte Verde con una pendenza media del 15%. La prima rampa al 22% non lascia il tempo di illudersi. Se avete guardato bene il profilo altimetrico all'inizio del post, avrete visto che il grafico alterna solo sfumature di rosso. E' vero  che si sale un po' a gradini, ma è un'alternanza da fachiri 23% - 20% - 15% - 17% e così via, tanto che i primi 180 m di dislivello sono superati in appena 1050 m. 
Detto con altre parole, la salita è divisa in due pezzi. Il primo "male" è stato forse il chilometro più duro che ho salito in bicicletta. Adesso lo è un po' meno, perché la strada, che nei primi 666 m aveva solo una sottile striscia di catrame al centro, a maggio 2022 è stata completamente sistemata!
La Becetta  non è stata spianata, ma ha guardrail nuovi di legno e un sottile strato di catrame grigio che permette ai ciclisti di alzarsi sui pedali. 

si legge 10% si vede e si sente 24%


La parte più ripida in assoluto è il drittone iniziale, lungo 300 m che il garmin stima tutto al 24%, nonostante un cartello all'inizio del muro della terra indichi un bugiardo 10%. (come a Offagna è un errore voluto, altrimenti la strada non potrebbe essere legalmente percorsa in auto in discesa).
Il secondo male è lungo 650 m ed è separato dal primo da un ettometro piatto che fa molto comodo.
Le pendenze di questa seconda parte, per quanto irregolari, sono simili a quelle della prima metà; si pedala a gradini ma spesso oltre il 20%, perché in quattro o cinque punti la ruota davanti tende a staccarsi da terra.

Si sale forte

Parlare del panorama è quasi superfluo, come per Pitino. Quando si sale per salite come queste non si vede niente intorno. A parte la fatica è questione che davanti c'è solo terra e asfalto. Per vedere come e dove si sale bisognerebbe trovare la forza di voltarsi indietro.
Per dovere di cronista, oggi, ho brevemente sbirciato oltre i guardrail di legno: c'erano delle mucche al pascolo così belle che sembravano pettinate e sullo sfondo la torre di Pitino. Subito dopo ho sentito un colpo clacson. Era una donna incinta che mi superava a dorso di un somaro. 
Fate voi. Nessun tornante, al massimo qualche curva che però arriva in mezzo agli alberi. Poche distrazioni insomma, meglio spingere sui pedali per abbreviare la fatica e zitti. 

Per vedere come e dove si sale bisogna voltarsi indietro ma...

...Pitì brutto si vede dappertutto


A parte 50 inspiegabili e beffardi metri piatti, la salita non cede mai fino alla fine. Questa però arriva  e lo fa all'improvviso: dopo 1900 metri durissimi, la strada diventa un falsopiano; si sale al 6%, ma l'impressione è quella di salire in discesa. Finalmente ci si può guardare intorno. Allora ci si rende conto di essere in un paese meraviglioso.
Sull'incrocio una stradina a sinistra si va a perdere nel vallone tra Monte Verde e Monte della Cappella, una a destra sale fino in cima al Col della Croce (quota 577), la strada principale precipita, è proprio il caso di dirlo, verso Fondelci e San Lorenzo di Treia. Missione compiuta!
Ho fatto questa salita una volta sola e avevo nelle gambe il Muro di Pollenza e Pitino, quindi la mia percezione è sicuramente falsata dalla fatica che avevo accumulata nelle gambe. Per l'orografia questa salita può essere confrontata solo con quella di Pitino. A me è parsa durissima, ancorché sia ormai ben asfaltata e sia un po' più corta di Pitino, direi che richiede 4-5 minuti di sforzo in meno. Le pendenze massime secondo me sono superiori. 


6%: finalmente ci si può guardare intorno 

Pitì brutto si vede dappertutto...

Mi rendo conto, anche guardando il segmento Strava, che questa salita non è poi così ignota. Credo che di biciclette da corsa ne abbia viste poche, ma di MTB ne abbia viste a migliaia; solo il 16 aprile 2019, giorno della mia prima ricognizione e di un gara di downhill, c'erano almeno 150 biciclette.
Nella zona di San Lorenzo di Treia da tempo vengono praticati sport all’aria aperta quali il Downhill e il Bike fuori pista. Un vero e proprio Bike Park con diversi percorsi e a diversa difficoltà e che attraggono centinaia di sportivi e appassionati di questi sport.
Anche la nazionale italiana di Downhill si è allenata nelle piste di San Lorenzo. Negli anni sono state organizzate gare di downhill a carattere regionale e nazionale con la partecipazione sempre più numerosa di atleti venuti da ogni parte d’Italia, dalla Svizzera e dalla Spagna. (...)

Area verde di Fondelci



Commenti

  1. Questo salita è comunemente chiamata "becetta"

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  2. Mille grazie. Ogni salita ha il suo nome anche quando non è scritto sulle carte. SdM ha bisogno dell'aiuto di tutti

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