Pergola Monte Petrano


GUIDA DEL GIRO 2009: IL TAPPONE DELLE MONTAGNE (da ilciclismo.it)


Dieci anni sono passati, sperando di non violare troppi diritti d'autore riporto per intero l'articolo di presentazione della tappa regina del Giro del Centenario di Mauro Facoltosi. Questo testo oltre al merito di essere preciso e completo ha una caratteristica che non può essere imitata: è stato scritto prima dello svolgimento della tappa e restituisce tutta l'attesa e tutta la meraviglia che destava il percorso: 240 km e 5000 m di dislivello, che sarebbero stati corsi in una giornata veramente torrida.

Tappa “monstre”, mostro: così i francesi definivano i tapponi del Tour più terribili. È un termine che ben si adatta alla frazione del Petrano, la più dura del Giro del centenario in virtù di quasi 70 Km di salita, suddivisi in 9 portate, molte delle quali particolarmente succulente. Il Catria si annuncia come il monte più “pericoloso”, nonostante le pendenze più rilevanti siano quelle delle Cesane, troppo distanti dal traguardo per far male. Con Nerone e Petrano, costituirà un trittico montano ad alta gradazione alcoolica, in grando di far letteralmente scombussolare la testa della classifica. 

È riduttivo definire tappa di montagna la frazione in linea che, a detta di tutti, è effettivamente la più dura dell’edizione del Centenario. Per la Pergola – Monte Petrano calza di più la definizione di “tappa di montagne” poiché saranno queste, e non i soliti passi e valichi, ad albergare nella nomenclatura odierna. Si comincerà col piccolo e misconosciuto Monte della Serra, da affrontare subito dopo il via per far capire ai corridori quale sarà il leitmotiv di questa giornata. Toccherà poi alle Cesane, i cui picchi al 18% rappresenteranno il “non plus ultra” di questa campale tappa, ma poco potranno dire a causa della notevole lontananza dai luoghi caldi di questa tappa. 





I chilometri che contano, gli ultimi cento, saranno introdotti dal Nerone, per il quale è proprio il caso di dire “nomen omen”, il nome è un presagio, pur non trattandosi del Mortirolo e trovandosi anch'esso non vicinissimo al finale. Sarà quella successiva l’ascesa più importante di giornata,quel Monte Catria che può essere considerato quasi una novità: vi si salì anche nel 2006, dal più impegnativo versante di Frontone, ma questo non vuol dire che si tratterà di una passeggiata. Basterebbe questa teoria di salite a garantire una buona selezione, ma non sarà ancora finita. Infatti, scesi dal Catria bisognerà poi arrampicarsi sul Petrano, giudice di cassazione senza possibilità d’appello, perché l’arrivo sarà in vetta e non ci avrà dietro una discesa utile per tentare un ultimo, disperato recupero. Peserà molto anche il chilometraggio di 237 Km (è la quarta frazione più lunga del Giro 2009, dopo Pinerolo, Chiavenna e Mayrhofen) sul bilancio d’una tappa che ha sorpreso molti, ancor prima della sua effettuazione. Quando il Giro del Centenario era ancora da svelare, ma già si sapeva che il gran finale si sarebbe giocato nell’Italia Centrale, moltissimi avevano attaccato la scelta degli organizzatori, convinti che nelle regioni centrali non ci fossero salite selettive. Una presa di posizione dovuta al fatto che, mai in passato, la corsa rosa aveva affrontato ascese selettive in queste terre, anche perché si era soliti attraversarle nelle prime settimane di gara. Le Marche poi, in virtù dei frequenti passaggi della Tirreno – Adriatico, erano dai più viste come una terra più collinare che montuosa, forse dimenticando la presenza di una salita come il Carpegna, sulla quale Marco Pantani costruì tutte le sue grandi imprese e che il Giro ha riscoperto l’anno scorso, dopo un lungo periodo d’oblio. Questi “pregiudizi” popolari hanno finito per contagiare anche i campioni, a partire dal più atteso: Lance Armstrong non aveva inserito la frazione del Petrano nella lista delle tappe importanti ma, dopo aver visionato l’altimetria, ha cambiato i suoi programmi, inserendo in agenda un sopralluogo straordinario sui monti marchigiani per fine aprile (frattura permettendo). E, se ci fosse ancora un margine d’incredulità, basta andare a leggere i commenti di Davide Cassani che, per la presentazione ufficiale del Giro, s’è fugato tutti i dubbi percorrendo in bici il finale di questa frazione che, complessivamente, proporrà nove ascese ed quasi 70 Km da percorrere all’insù.
La bandierina del via sarà abbassata nel centro d’una cittadina d’origine medievale adagiata tra i colli dell’entroterra marchigiano, famosa per il rinvenimento, avvenuto nel 1946, dei “bronzi dorati da Cartoceto di Pergola”, pregevole gruppo statuario equestre romano oggi esposto in un museo appositamente costruito in loco. La frazione nella quale avvenne la scoperta sarà attraversata nei chilometri iniziali, immediatamente dopo aver scavalcato i 545 metri del Monte della Serra (circa 6 Km al 5%) e sfiorato i resti dell’Abbazia di Lastreto, fondata prima dell’anno 1000 lungo una via di commerci secondaria, ma spesso preferita alla scomoda strada che transitava per l’angusta gola del Furlo. Testimonia la passata importanza di questa strada un cippo (oggi visibile in vicino agriturismo) che, murato nelle pareti dell’edificio, propagandava la figura di Magno Massimo, usurpatore dell’Impero Romano dal 383 al 388.
Superata anche l’ascesa di Sorbolongo (circa 6 Km al 3,7%, con tratti fino al 10%), il percorso prenderà a serpeggiare tra i colli per una ventina di chilometri, attraversando piccoli borghi di crinale (interessante il centro storico di Barchi, progettato nel ‘500 da Filippo Terzi, architetto militare italiano che realizzò i suoi principali lavori in Portogallo; merita una sosta anche la chiesa rinascimentale di Santa Maria Nuova a Orciano di Pesaro) prima di planare nella Valle del Metauro. Questa sarà tagliata perpendicolarmente al corso del fiume, solcando le terre che videro scontrarsi, oltre 2000 anni fa, in occasione dell’omonima battaglia della seconda guerra punica, le truppe dell’impero e quelle cartaginesi capeggiate da Asbrubale Barca, il fratello del celebre Annibale, perito in questo conflitto.
Subito si riprenderà a salire verso Saltara, comune piccolo ma dotato di grande passione ciclistica; fondata nel 1923 e per questo la più antica delle Marche, la locale “Polisportiva Omicioli” negli ultimi anni è riuscita a portare in questo centro tre prestigionse manifestazione ciclistiche: il campionato nazionale nel 2003, la Tirreno Adriartico nel 2005 e l’anno dopo anche il Giro d’Italia, a capo d’una frazione che proponeva Catria e Cesane e che fu conquistata dal belga Verbrugghe. Ora il sogno nel cassetto di Alighiero Omicioli è di completa l’opera, cercando d’ottenere l’organizzazione della più importante gara del calendario, i campionati del mondo, da proporre sullo stesso circuito che ha consentito a Paolo Bettini di vestire la sua prima maglia tricolore.
Ultimati i quasi 7 Km d’ascesa al 3,6% (scollinamento tra le località di Cartoceto e Bargni) si farà ritorno nel fondovalle, prendendo ora la strada per Fossombrone. A capo di nemmeno una decina di chilometri pianeggianti si giungerà a Fossombrone, l’antica “Forum Sempronii”: è il centro principale della valle del Metauro, dominata dalla Cittadella e dai resti della Rocca Malatestiana, che i corridori lambiranno nel tratto iniziale della prima salita “cattiva” di questa tappa. Meta il Monte delle Cesane, raggiunto attraverso una stretta stradina panoramica che si snoda tra le pinete dell’omonimo demanio forestale. È proprio il tratto iniziale quello più difficile da superare: si arriva alle porte dell’area protetta affrontando una pendenza media del 10,1% nei primi 2,5 Km (è in questo frangente che si raggiunge il picco massimo del 18%), poi la strada si “accomoda” sul monte e si giunge al GPM con inclinazioni nettamente più morbide (media del 4,9% nei restanti 5,3 Km). Comun denominatore di tutte le grandi ascese di questa frazione sarà il falsopiano sommitale: prima d’intraprendere la discesa dalle Cesane (anch’essa caratterizzata da alcuni tratti ripidi), che rimenerà i “girini” sulle rive del Metauro, dovrà essere superato un tratto in quota di quasi 6 Km. Il tratto più semplice della tappa viene adesso, una trentina di chilometri totalmente pianeggianti, che faranno da "trait d’union" tra le difficoltà dei primi chilometri di gara ed il gran finale. Da queste parti le uniche difficoltà le incontrarono i romani che, tracciando la Via Flaminia, tra il 76 ed il 77 a.c. riuscirono a superare la strettissima gola del fiume Candigliano solo scalpellando la dura roccia calcarea e aprendo così una galleria detta “forulum”, dalla quale è derivato l’attuale nome di Furlo. In precedenza, il passaggio dalla gola era possibile solo attraverso un angusto cunicolo, scavato quasi 400 anni prima - utilizzando una mistura di aceto, acqua, fuoco e forza umana - dagli Etruschi, che avevano consacrato questo luogo a Türan, la dea della bellezza.
Altre spettacolari gole caratterizzeranno la seconda parte di questo tratto di “respiro”, che inizierà dopo il passaggio per Acqualagna, la “capitale del tartufo”, quando s’imbocchera la SS 257 che conduce verso il confine con l’Umbria e la Bocca Serriola, il valico che rappresenta il punto di separazione tra l’Appennino settentrionale e quello centrale. Questo tratto “naturalistico” si concluderà ai piedi del versante settentrionale del Nerone, ma non si salirà da questo lato (pur essendoci la possibilità). Giunti alle porte di Piobbico, i “girini” aggireranno il monte in senso orario, affrontando come antipasto la salita di Rocca Leonella (2,3 Km al 6,8%, con strappi notevolmente pendenti) e poi transitando nel solco vallivo che lo separa dal Petrano. Al passaggio da Secchiano i corridori si troveranno a meno di 4 Km, in linea d’aria, dal luogo ove sarà collocato il traguardo, quasi 800 metri più in alto: fisicamente, dovranno ancora sorbirsene un centinaio di chilometri, i più tosti. Di lì a poco, infatti, si attaccherà la salita verso la Montagnola, una delle due elevazioni che costituiscono il massiccio del Nerone, monte che deriva il temibile nome dalle scure nubi che sovente ne nascondono la vetta, anche se non mancano leggende sulla nascita del toponimo. Nessuna, però, ha a che fare con l’imperatore romano noto per la sua crudeltà, caretteristica che non è certo del monte marchigiano, salita impegnativa ma non estrema, tra l’altro affrontata dal più facile dei suoi tre versanti. I 12 Km scarsi che conducono fino a 1417 metri di quota, presentano una pendenza media dell’8,3%, con un picco del 12% all’inizio del secondo chilometri di scalata, e si annunciano più impegnativi per l’incostanza delle inclinazioni. Meno di 2 Km in quota poi si ritornerà a Pianello, la località nella quale s’era dato inizio alla scalata, completando così un circuito di circa 33 Km.
Ora la carovana si sposterà ai piedi del Catria, effettuando un non facile trasloco perché, strada facendo, dovrà essere digerito anche il breve ma non facile strappo di Moria, corrispondente al troncone iniziale del versante meridionale del Petrano. In questo finale le montagne sembrano quasi stritolare il percorso del Giro, i loro nomi si rincorrono l’un con l’altro, le vette sovrastano le strade e sembrano quasi un “memento mori” per i pretendenti al successo finale. E non solo a loro, perché in tappe come questa a far fatica sono proprio tutti, fin all’ultimo gregario, compresi quei corridori che affronteranno questi 237 Km perennemente in coda al gruppo, senza nessuna velleità di vittoria.
I successivi 27 Km saranno i più difficili della tappa, in ogni suo punto e non solamente durante la scalata al “gibbo” che Dante citò nel XXI canto del Paradiso. Il divin poeta vide il Catria quando fu ospite nel sottostante eremo di Fonte Avellana, fondato nel 980 da San Romualdo e divenuto un importante punto riferimento religioso e sociale negli anni in cui vi visse San Pier Damiani. Al santo monaco ravennate, del quale nel 2007 è stato celebrato il millenario della nascita, è dedicata la chiesetta costruita negli anni ’70 a 1368 metri d’altezza, proprio nel luogo ove i corridori incontreranno il penultimo GPM di giornata, al termine di un’arrampicata di 11 Km, caratterizzata da dati di dislivello, pendenza media e chilometraggio poco inferiori rispetto a quella del Nerone (11 Km al 7,9%). È più impegnativa, però, perché – oltre che per il progredire della distanza di tappa – ha una distribuzione dei tratti più duri contraria, con questi concentrati nei chilometri finali, con gli ultimi 2 Km che saliranno al 9% medio, facendo registrare proprio qua l’inclinazione massima del 13%. Sicuramente già lassù qualcuno transiterà con un distacco serio, che quasi sicuramente rimarrà invariato al termine della successiva, difficile discesa (se non si sarà acuito): introdotta da un falsopiano di quasi 2,5 Km, questa è stretta, tortuosa e ripida, in particolar modo nella seconda parte, nella quale si affrontano, tra un tornante e l’altro, pendenze fino al 18%. Un’insidia aggiunta, ma solo in caso di gran caldo, potrebbe rappresentarla la recente asfaltatura del tratto iniziale della discesa, che ha cancellato lo sterrato affrontato al Giro del 2006, quando scollinò in testa il belga Scheirlinckx.
La picchiata terminerà alle porte di Frontone (località di villeggiatura sede di un’importante stazione meteorologica), anche se il tracciato continuerà a perdere gradatamente quota avvinciandosi a Cagli, centro d’origine romana (era il “Vicus Cales”) sul quale s’ergeva una poderosa rocca, smantellata nel 500, appena vent’anni dopo la sua conclusione. Si salvò solo il possente torrione di Francesco di Giorgio Martini, che i “girini” avranno modo di notare, se la fatica non avrà ottenebrato loro il senso della vista o se non saranno impegnati nello spasimo della gara. Infatti, sarà sfiorato al termine dei primi 500 metri della salita finale, ultima difficoltà di una giornata devastante. 10400 metri più avanti, 824 metri più in alto, un’altra ascesa difficile nelle gambe (media del 7,9%, massima del 13%), i giudici di gara si troveranno a riscrivere la classifica, che molto probabilmente si presenterà con una fisionomia differente rispetto a quella con la quale, sette ore prima, si era partiti da Pergola.


I VALICHI DELLA TAPPA


Valico (541m). Vi transita una strada forestale asfaltata che mette in comunicazione Pergola con Cartoceto. È privo di una propria denominazione (sulle cartine del Giro 2009 è semplicemente segnalato come “Monte della Serra” e quotato 545 metri); sul web ci si è sbizzarriti per trovare un toponimo per questo passo anonimo: si va dal semplice e poco fantasioso Passo di Cartoceto di Pergola al Valico di Monte Gherardo ed al “turistico” Valico dei Bronzi Dorati.

Gola del Furlo (177m). Valicato in galleria dal vecchio tracciato della SS 3 (Via Flaminia), tra Calmazzo ed Acqualagna. Il nuovo tracciato della statale, realizzato negli anni ’80, bypassa il valico mediante una superstrada che supera la forra con un traforo di quasi 3,5 Km.

Sella di Rocca Leonella (542m). Non segnalata sul testo “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), è valicata dalla strada che mette in comunicazione l’omonima località con Secchiano.

Sella di Serravalle (745m). Quotata 770 sulle cartine del Giro 2009, coincide con l’omonimo abitato, toccato dalla strada Pianello – Colombara. I “girini” vi transiteranno scendendo dal Nerone.

Valico del Catria (1370m). Attraversato dalla strada, della quale è stata recentemente completata l’asfaltatura, che mette in comunicazione Chiaserna con Colombara di Frontone. Quotato 1368 sulle cartine del Giro.

Valico del Petrano (1108m). Vi transita la strada forestale asfaltata che mette in comunicazione Cagli con Moria, transitando tra le cime del Petrano e della Rocchetta. Quotato 1101 sulle cartine del Giro, coincide col punto terminale della salita e della tappa.

Mauro Facoltosi [info@ilciclismo.it]

ALTIMETRIA


PLANIMETRIA


FOTOGALLERY

Pergola

I Bronzi Dorati di Cartoceto

Barchi

Fossombrone, Rocca Malatestiana

La salita delle Cesane in veste invernale

Altopiano delle Cesane

Gola del Furlo

Una viuzza del centro di Acqualagna

Il villaggio di Baciardi, ci si transita scendendo da Rocca Leonella


Discesa da Rocca Leonella

All’altezza di questo bivio (si girerà verso Cerreto) inizia il tratto più duro della salita del Nerone

Salendo al Nerone

La cima del Nerone (la strada nella foto non sarà percorsa dai “girini”)

Discesa dal Nerone

Salendo verso il Catria (seconda foto scattata il giorno della tappa di Saltara del 2006)

Monte Catria

Discesa dal Catria, il tratto sterrato (asfaltato per il passaggio del Giro 2009)

Discesa dal Catria, il tratto più ripido visto dall’alto

Il Torrione di Cagli

Salendo al Petrano


Monte Petrano, la tappasi concluderà in questo luogo

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