via Olimpia e Scatto di Argentin [Aggiornamento 2023]

Su per via Olimpia si facevano le salite 50, 80 e 100 metri e ti facevano girare la testa. Quelle pendenze però vanno a snaturare il gesto tecnico e soprattutto quelli poco "cosciuti" come me si strascinavano su con i denti. E la corsa in salita andava a farsi friggere.

La fatica di Aru, foto dal profilo Instagram. Un grazie a tuttociclismopro


Start: SP362 via Marco Polo
Distance: 400+600+600 m
Elev. Gain: 70+50m
Avg Grade: 10%
Max Grade: 15%
Min Elev: 130 m
Max Elev: 250 m
Climb Category: 3


Via Olimpia è lunga 350 m, 13% è la pendenza media; è una strada larga, ma l'imbocco da via Marco Polo è stretto, quindi sarà fondamentale prendere la salita davanti altrimenti, con il gruppo allungato e spezzato in più punti si corre il rischio di prender anche 20-24".




E' la più improbabile delle strade ciclabili della città: una costa ripida e trafficata, non è luogo che invita le bici, ma fa un altro effetto a vederla in tv, con i professionisti che si danno battaglia. Finito lo strappo ci sono ancora 600 m al 4-5% e poi il classico finale di Argentin con le sue pendenze severe (300 m all'11%) e il faticoso pavé.

Nel 1994, penultimo arrivo a Osimo del Giro d'Italia, Argentin scattò proprio all'inizio del tratto in pavé e fece il vuoto: tappa e maglia rosa, un' ultima vittoria splendida per una carriera che ha pochi eguali. Secondo giunse Ferrigato a 6", poi una serie di giovani dal grande avvenire: 3° Rebellin a 8", 4° Casagrande a 12" con in scia Richard (Svi); Furlan, Berzin (Rus) che avrebbe vinto quel Giro, 9° Bugno che avrebbe vinto il giorno dopo e 10° il neo professionista Pantani. Indurain (Sp) finì a 21", Chiappucci a 24".

Nel 2018 abbiamo visto scattare la maglia rosa Simon Yates all'inizio di via Olimpia e tenere alla grande per 1700 m, nonostante il testardo inseguimento di Tom Dumoulin. Ancora una volta tappa e maglia rosa. Dietro i primi due il vuoto  Formolo a 5" Pozzovivo e Pinot a 8", Aru a 21" come Indurain tanti anni prima, Froome ancora malconcio a 40".



Nel 2023, con i giochi pressoché fatti per la generale, la maglia azzurra di Roglic ha fatto capire che era meglio non provarci.


Tutti dietro a Roglic nel 2023 (c) Alessandro Federico da Albumciclismo





Via Olimpia, si diceva, è la più improbabile delle strade ciclistiche. Deve il suo nome (credo) al fatto all'inizio degli anni '60, a metà della scarpata, dove un secolo prima i Savoia avevano costruito un terrapieno per le esercitazioni militari e la pratica sportiva, sono stati ricavati, sarebbe meglio dire scavati, i principali impianti della città: lo stadio con pista di atletica e i campi da tennis e basket.
Tanti ricordi sono legati a questi luoghi, che il ciclismo, che pure ad Osimo è di casa, fino a maggio 2018 aveva ignorato. A proposito della vita su e giù per via Olimpia mi piace ricordare le parole di Lorenzo Proserpio:
Via Olimpia, dove a sinistra c'è il Diana. Ci si allenava insieme ai calciatori, sulla pista da 360 m (come la quota massima monte della Crescia). La pista era un misto tra cemento e asfalto anche se nelle intenzioni del progettista credo ci dovessero essere delle inclusioni di gomma (mah!). Avevo 14 anni, pesavo 38 kg, i più grandi su quella pistaccia ci correvano con le chiodate e ci lasciavano i tendini, TUTTI (cioè tutti loro e tutti i tendini). Il tintinnio di quei pomeriggi non può essere cancellato dalle nostre orecchie, la frequenza tignosa dei passi di Sandra Ghergo, il passo più ampio e rimbalzato di Sergio (che già dal suono faceva intuire che c'era un po' di dispersione), la forza massiccia del Domes e la qualità squillante e rara degli appoggi di Roberto (Proserpio).
Di là, sotto gli spogliatoi, cerano Cristof e Ermanní che si allenavano con l'Endas Sigillo. Non ricordo il suono dei loro appoggi, ma forse loro non le usavano le chiodate, lì sopra a quella asfalto, in effetti oggi i loro tendini ce li hanno ancora!
Mi ricordo che di qua, a turno c’era l’usanza di andare a comprare l'acqua, si andava a prenderla al Tennis e si portava sotto una panchina verde, sotto la curva alla partenza dei 100, dove si sedeva Agostino - Gusti'- terribile. L'acqua la portavo anch'io e non la bevevo perché pensavo di dover raggiungere almeno i 68 kg di quei "fisicati" per averne diritto.
Ancora più in là c'era la pedana dei salti, che costeggia i campi da tennis; lì vicino era stata piazzata una sbarra per le raccolte al petto. Ermanní aveva portato "dall'America" una novità: due ganci fissati alle caviglie per appendersi alla sbarra a testa in giù così da scaricare la colonna vertebrale, lui lo poteva fare!
Però poi, nonostante il grande custode Bruno ce lo scrivesse bene: “chi la prende la rimette apposto, la robba!”, quei ganci rimanevano sempre di fuori a disposizione di tutti.
Fu una fortuna che in quel periodo Belli aveva preso con estrema serietà l'allenamento andando frequentemente al campo prima delle 15, ora di inizio, a volte addirittura prima di Bruno. Un giorno, alle due e tre quarti ha salvato la vita al "capo delle guardie", viola in faccia, appeso alla sbarra per d'ingiù, il quale evidentemente senza gli addominali d'Ermanní non era più riuscito a tirarsi su da solo e non sarebbe sopravvissuto cinque minuti di più!! Ricordi di altri sostengono che quell'uomo appeso potesse essere il padre di Luca, maratoneta, ma io ci non credo. (infatti era proprio il capo delle Guardie n.d.r.)
Su per via Olimpia ci si facevano le salite 50, 80 e 100 metri e ti facevano girare la testa. Quelle pendenze però vanno a snaturare il gesto tecnico e, soprattutto per quelli poco "cosciuti" come me, ti obbligano a “straginatte su” e la corsa in salita andava a farsi friggere. Per gli altri era un po' meglio ma era un esercizio comunque poco utile.
Qualche anno più tardi le salite abbiamo cominciato a farle intorno alla Vescovara, prima ancora che fosse verniciata di rosso e con pendenze più adatte allo scopo.
In quel periodo facevamo dei durissimi allenamenti in una palestra che c'eravamo montati nel garage di casa mia, la quale prima stava alla S.Lucia. Ci si incontrava dopo cena, con Maro, Ben e Belli (e alle ragazze ci pensavamo?...uhm ci pensavamo basta!) Poi si andava a fare deffa su per Offagna, come quattro matti, di notte, fino alle undici!
Questo allenamento però mi aveva permesso di raggiungere in 68 kg compensando in qualche modo il ritardo di sviluppo che avevo da ragazzino e permettendomi addirittura di rubare qualche record a quelli che sentivo tintinnare sull'asfalto del Diana. Oramai l'abitudine di bere durante gli allenamenti l'avevo persa e sono andato sempre a secco anche se tribolavo e non poco.
Ho capito, invece, che durante lo sport bisogna bere quando ho cominciato ad andare in bicicletta, e non riesco mai a partire senza due borracce. Non posso non tornare frequentemente su via Olimpia, in bici, dove la pendenza invece ti fa essere addirittura più elegante!
Il segmento Strava tutto maiuscolo con un punto esclamativo non doveva mancare: VIA OLIMPIA!
In ultima analisi: al Diana cercavo di alzare le ginocchia essere “bello” ma le ragazze guardavano i calciatori, in palestra ci andavo per essere più grosso… ma stavo sempre lì e le ragazze… nisba. Adesso in bici tutto imbacuccato manco ti vedono… Fortuna che c'è stato un periodo in cui ho smesso di fare sport in cui, guarda caso, ho trovato moglie.

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