Muro di Ortezzano (da Pedalare con lentezza)

A Ortezzano troviamo uno tra i più famosi muri dell’area marchigiana. La zona del fermano e del maceratese infatti presenta una moltitudine di questo tipo di salite, corte e con pendenze quasi impossibili da scalare, che qui chiamiamo appunto “muri” o “coste”. La fatica sarà immensa, la soddisfazione ancora più grande…

Distance: 0.74 km
Elev. Gain:  92 m
AVG Grade: 12,4%
Max Grade: 21%
Min Elevation: 218 m
Max elevation: 310 m



Il primo è stato il Muro di Ortezzano, scoperto alle soglie del nuovo millennio, quando la Tirreno Adriatico aveva ancora la maglia di leader di colore giallo e rosso e la Provincia di Fermo era ancora un sogno mostruosamente proibito. E' passata una vita, ma si trova ancora in rete il vecchio articolo di Capodaqua per La Repubblica: "Uno strappo da ciclismo antico, di quelli maledetti dai corridori e benedetti dagli organizzatori, (che questa volta l' hanno davvero azzeccata) ha dato vita ad una Tirreno Adriatico approdata un po' in sordina alla penultima tappa. Sono 700 metri di asfissia, pendenza attorno al 20% in parecchi punti, che il direttore di corsa Castellano ha scovato a ridosso di Ortezzano, uno dei tanti bellissimi paesi che punteggiano le colline dell' ascolano."
Negli anni successivi sono venuti Montelupone, Colmurano, Offida, Filottrano... e Salite delle Marche, che è nato sulla suggestione proprio di salite come queste. 
Di persona non sono mai stato su questo muro, ché è un po' troppo lontano dalla base di Salite delle Marche. So che il cartello marrone alla base del muro parla di 600 metri di salita al 20%. E', ovviamente, un'esagerazione; sappiamo tutti che non ci si può fidare degli uffici turistici o delle sparate dei cronisti. Per fortuna fonti affidabili ci sono. In questo articolo foto, dati e testi sono di Fabio Marziali, l'autore di Pedalare con Lentezza, sito amico che ha il proprio territorio di caccia nel Fermano e nel Piceno. Se volete, da qui in avanti potete leggere direttamente il post originale di Fabio, con altimetrie dettagliate e foto più grandi.



Su una collina in sinistra idrografica della Valle dell’Aso si erge il piccolo borgo di Ortezzano. Il paese, di origini antichissime, è famoso per la sua torre a base pentagonale e per alcune manifestazioni che si tengono nel periodo estivo, in particolare il Leccabaffi e la Festa del vino.


Nel mondo del ciclismo però la sua fama è legata all’arrivo della tappa della Tirreno-Adriatico del 2001 (leggi la cronaca della giornata su Museo del Ciclismo). L’arrivo era posto subito dopo questa salita, nel centro storico. L’olandese Boogerd tagliò per primo il traguardo e affermò di non aver mai scalato un muro più difficile. Così nacque ufficialmente il “Muro di Ortezzano”. Oggi un cartello ne indica l’esistenza già dalla SP238 Valdaso. In realtà il cartello è girato verso il mare, quasi a sconsigliare di avventurarsi verso la terribile salita.

Ci si inoltra per via Calcara, una stradina tranquilla, in mezzo ai campi coltivati e gli alberi da frutto, che non fa assolutamente presagire l’inferno che ci attende. Le auto sono praticamente assenti, il silenzio è totale. Il bel borgo di Ortezzano ci guarda dall’alto, sempre più vicino e ci chiediamo come sarà possibile raggiungerlo in cosi poca distanza.
Arriviamo alla porta del Muro. Un cartello ci ricorda le caratteristiche della salita. Lunghezza 600 metri, pendenza 20%. Siamo ancora in tempo per tornare indietro, ma oggi siamo decisi, le gambe stanno bene. Abbassiamo la testa, mettiamo il rapporto più agile e partiamo.



Il Muro di Ortezzano 


Subito un tratto al 14% che si fa sentire bene, ma è solo un avvertimento. Successivamente la strada spiana per qualche decina di metri, dandoci modo di tirare il fiato in preparazione del vero e proprio inferno che sta per arrivare. Sulla destra c’è una bellissima fontana, ma resistiamo alla tentazione di fermarci. Ci attendono 300 metri di cui i primi 70 con pendenza quasi 18% e il resto quasi 21%. La situazione è complicata dal fatto che la strada non è dritta, ma presenta un paio di tornanti. Risulta quindi difficile mantenere l’equilibrio, restando in punta di sella per evitare che la ruota anteriore si stacchi da terra.

Dopo pochi ma interminabili minuti finisce il calvario e ci ritroviamo di fianco alla chiesa, con le pulsazioni al massimo, il fiato corto, il sudore che scorre, ma con la grandissima soddisfazione di aver superato il famigerato Muro di Ortezzano.



Rebellin, cose da Sanremo Così ho imparato a vincere (La Repubblica 21/3/2001)


ORTEZZANO Uno strappo da ciclismo antico, di quelli maledetti dai corridori e benedetti dagli organizzatori, (che questa volta l' hanno davvero azzeccata) ha dato vita ad una Tirreno Adriatico approdata un po' in sordina alla penultima tappa. Sono 700 metri di asfissia, pendenza attorno al 20% in parecchi punti, che il direttore di corsa Castellano ha scovato a ridosso di Ortezzano, uno dei tanti bellissimi paesi che punteggiano le colline dell' ascolano. 800 abitanti, tutti lì su quello che è stato subito battezzato il "muro di Ortezzano", per analogia con quello di Morolo, in Ciociaria, vecchia spina nel fianco della Tirreno ai tempi del compianto Mealli. E' un piccolo Mortirolo, bellissimo. Vince l' olandese Boogerd, il più in forma di questi tempi. Anche l' anno scorso dominò alla grande una frazione della Tirreno, a Torricella Sicura, salvo poi rinunciare alla Sanremo, come farà ancora, inspiegabilmente, quest' anno. 
La maglia di leader passa sulle spalle di Davide Rebellin. Umile e modesto al limite dell' antipersonaggio, il trentenne veronese di San Bonifacio è letteralmente rinato. Il segreto? Un inverno in palestra, spiega. Evidentemente nove secondi posti nella scorsa stagione hanno fatto scuola. «Mi mancava lo sprint, l'accelerazione finale per fare la differenza: ho lavorato per migliorare queste qualità e i risultati sono venuti». L' allenamento fatto bene paga sempre, dicono i tecnici. Che sono sempre di meno nel ciclismo di oggi. 
Sarà un caso, ma Rebellin si affida a Zenoni, uno dei più stimati. Pesi e macchine da palestra, dunque: «Un' ora tutti i giorni, quest' inverno con carichi leggeri e azione veloce di gambe. E poi in tutti gli allenamenti, scatti, volate a ripetizione». La differenza si è vista subito. Rebellin ha vinto già il Giro del Mediterraneo e adesso, con tutta probabilità, si porterà a casa la "corsa dei due mari". 
Una vera metamorfosi per l'eterno secondo. Ieri ha attaccato proprio davanti alle finestre del mentore del luogo, il vicepresidente del consiglio regionale delle Marche, Giuseppe Ricci; ha fatto la selezione decisiva sullo "strappo" ripetuto due volte: al penultimo giro del circuito finale e all'ultimo ha ceduto solo a Boogerd, nella volata conclusiva. «Sapevo che se avessi fatto forte il primo passaggio avrei pagato, poi, in volata; ma dovevo fare selezione, approfittare di quella bellissima rampa». E così è stato. «Mai sentito così forte, così bene aggiunge forse perché sono più sereno, e riesco a fare meno errori». Il veneto taciturno è ora più leader e fa perfino da chioccia ad un gruppo di giovani compagni, che ha fatto crescere accanto a sé, con gli stessi ritmi e gli stessi allenamenti. E ora c' è la "Sanremo". «Non è una corsa adatta a me; io preferisco le gare dure come il Giro delle Fiandre o la Liegi Bastogne Liegi, ma ci terrei tanto a vincere. Per me sarebbe il massimo». 
Quest' anno al posto del Turchino chiuso per frana, una nuova, lunga e più impegnativa salita, il Bric Berton. «E' lontana dal traguardo, ma se il ritmo sarà adeguato può fare selezione. In ogni caso cambierà la corsa: può tagliare le gambe ai velocisti e sulle ultime salite, dalla Cipressa in poi, si farà sentire». Un Rebellin scattante come sul "muro di Ortezzano" potrebbe fare la differenza sul Poggio? «Lo spero. Ce la metterò tutta, ma gli avversari non mancano di certo. Visto il belga Van Petegem alla Parigi Nizza? E' uno che tiene bene in salita e in volata è un fulmine. Ma poi ci sono gli altri: il russo Konichev, e poi Celestino, Conte, lo svizzero Zberg. Bartoli? C' è sempre da considerarlo in questo tipo di gare, anche se lui preferisce le prove più dure».

EUGENIO CAPODACQUA

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