Palazzo d'Arcevia e le strade dei minatori
Davvero singolare questo antico castello, caratterizzato dalle volumetrie, che dal culmine di un colle, posto alle pendici del monte Caudino (m 508), si ergono, assiepate l'una sull'altra, quasi formare un unico palazzo (M. Mauro, Castelli, torri, rocche, cinte fortificate delle Marche, Vol.II, Ancona, Marcelli, 1985)
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"Bisogna andare a Palazzo per apprezzarne le antiche vestigia, i vicoli suggestivi, gli scorci d'epoca di questo borgo dell'età di mezzo" - Scriveva a metà degli anni Ottanta Maurizio Mauro, per noi offagnesi, l'Avvocato Mauro. E' un personaggio che ho molto ammirato quando ero bambino e spiegava come le pietre fossero tutt'altro che mute e ci mostrava come le unità stratigrafiche murarie ci raccontassero tante storie. Uomini altrettanto appassionati per le antiche architetture militari ne ho conosciuti pochi, ma ho la fortuna di conoscere molte altre persone che vivono intensamente le loro passioni. Tra questi i più vivono per il ciclismo e, tra essi, non sono pochi quelli che amano sia la bici sia i castelli. Questo articolo è pensato per loro e per me.
Start: Aia Piana (SP14)
Finish: Piazza dei Minatori
Distance: 380 m
D+: 50 m
Avg Grade: 13.3%
Max Grade: 27%
Min Elev: 266 m
Max Elev: 316 m
Climb Category: 3
Strava Segment: 1716086
Palazzo d'Arcevia non sorge in cima a una grande salita. Tutt'altro. Spunta dall'Aia Piana in fondo a due discese. Non sorge sul fianco di una montagna, ma all'ombra di una collina (La Bira Tonda). Palazzo è l'ultimo rilevo a est di un gruppo di montagne o, forse, è la prima altura di un tappeto di colline; è in una posizione rispetto alla quale, andando verso est, si trovano solo bassi rilievi coltivati, verso ovest ci si perde nella prima piega di montagne dell'Appennino completamente coperta di bosco.
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Appare all'improvviso dietro una curva in discesa, quando la SP14 scende sul fondovalle di un sinuoso torrente chiamato Fenella. Proprio sul ponte la provinciale disegna una curva a U e punta dritta sul paese.
Il più caratteristico tra i Castelli di Arcevia è qualcosa di più che una porta verso le salite delle Marche.
Subito dopo il cartello toponomastico guardate la rampa che sale verso la cinta muraria; è l'inizio di una stretta via che attraversa tutto il borgo murato ed è sicuramente uno dei muri più arcigni delle Marche.
In piccolo la strada, per la struttura concentrica del paese e per le sei-sette svolte che ne risalgono i livelli, ricorda la via principale di Minas Tirith. Per chi va in bici poco importa se il dislivello è solo di 50 m, contro i 200 della capitale e del Regno di Gondor, se il campanile non è il Pinnacolo di Echtelion, ci interessa invece che la pendenza che si va ad affrontare viola tutti i fondamenti dell'ingegneria stradale, che le case vicine, costruite l'una sull'altra, darebbero ragione piuttosto alla costruzione di un sistema di scalinate.
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Per nostra fortuna non si sono gradini lungo la main road di Palazzo e la si può percorrere tutta in bicicletta. La prima rampa, che si scenda da Nidastore o da Montefortino, è una strettissima corsia d'asfalto ricavata nel basamento di pietra del paese; dal punto in cui le due stradine confluiscono, sotto la chiesa della SS. Annunziata, la via si fa più ripida e più bella fino allo spiazzo della Porta Orientale
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Dal drone di Massimo Tigrini |
Proprio sul largo parte una strada bianca che passa esterna al castello e collega alla porta superiore.
Il fondo è sconsigliato alle bici da corsa, ma lo è ancora di più la pendenza, che è la stessa della schiena del colle. La scelta della strada è dunque obbligata.
Qui conviene conservare il fiato, perché una volta passati sotto il fornice della porta si affronteranno pendenze anche estreme e non ci sono occasioni per riposare le gambe dopo il primo tratto rettilineo;
Si deve salire dritti e, possibilmente, seduti, visto che il pavé è molto scivoloso.
Particolarmente delicate sono le svolte a gomito (chiamarle tornanti non è corretto, visto che sono così strette che i rischia di grattare i gomiti, i nostri, sulle case): tra le case del borgo ce ne sono cinque, alcune di esse sono molto ripide, altre molto strette, le rimanenti sono molto ripide e molto strette.
Se il fondo è asciutto si fanno senza particolari problemi, ma se il fondo è bagnato può essere problematico restare in piedi: bisogna essere prima equilibristi e poi scalatori.
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(c) Luoghi del silenzio |
Tra tutti i passaggi, quello più delicato è rappresentato dalla penultima svolta, che non solo si presenta alla fine di uno dei tratti più duri, la si sviluppa su due curve a sinistra molto strette. Sulla prima cura si apre una piazzetta che può essere di aiuto. Il giorno della ricognizione in bici questa piazza ci è stata molto utile: abbiamo attraversato Palazzo in discesa e, in questo punto, non era possibile né fermarsi né prendere la seconda curva a causa del fondo bagnato.
Per questo motivo alcune foto a corredo dell'articolo non sono nostre: non si stava in piedi, un suicidio anche solo prendere in mano la fotocamera. Clint che si era fermato a fotografare non so che dettaglio è stato costretto a fare questo tratto a piedi, perché non riusciva ad agganciare gli scarpini in discesa.
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Pendenza? Difficile dirlo |
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(c) Fabio Fermi |
Dopo l'ultima svolta a gomito a destra, il finale torna meno ripido. Bello è l'effetto della piazza quando dai vicoli strettissimi si spalanca inatteso lo spazio aperto del sagrato della chiesa dei Santi Settimo e Stefano. Una piazza in forte salita sulla cui sommità si trova la porta d'uscita.
La piazza è dedicata ai minatori che per generazioni hanno lavorato nelle miniere di Ca' Bernardi.
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(c) Fabio Fermi |
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Piazza dei minatori e Palazzo Vici |
Quando ho conosciuto Palazzo, negli anni Novanta, era già meno popolato rispetto agli anni in cui la miniera viaggiava a pieno regime, ma contava quasi duecento residenti. Oggi a Palazzo vivono meno di cinquanta persone, in media molto anziani. Il paese vive grazie alle tante iniziative che vi si organizzano. Pochi residenti significa solo che tanti hanno il letto è altrove, ma il cuore è ancora nel paese.E non si fatica a capire il perché. Nel 1993 il Grande gioco del nostro campo scout si svolse tra le case di Palazzo. Avevamo nascosto la chiave del forziere nel paese, ma, per rendere le cose più difficili, avevamo disperso centinaia di chiavi finte. I ragazzi hanno rastrellato il paese con uno zelo degno delle peggiori polizie dell'America Latina, cercando in ogni casa, sotto ogni zerbino, sotto ogni vaso di fiori. Alla fine avevano riportato al campo molte più chiavi di quante ne avevamo nascoste. I capi hanno dovuto chiedere scusa a tutti gli abitanti che mantenevano ancora l'abitudine di lasciare le chiavi di riserva della casa nascoste fuori della porta.
Quando ho conosciuto Palazzo, negli anni Novanta, era già meno popolato rispetto agli anni in cui la miniera viaggiava a pieno regime, ma contava quasi duecento residenti. Oggi a Palazzo vivono meno di cinquanta persone, in media molto anziani. Il paese vive grazie alle tante iniziative che vi si organizzano. Pochi residenti significa solo che tanti hanno il letto è altrove, ma il cuore è ancora nel paese.
E non si fatica a capire il perché. Nel 1993 il Grande gioco del nostro campo scout si svolse tra le case di Palazzo. Avevamo nascosto la chiave del forziere nel paese, ma, per rendere le cose più difficili, avevamo disperso centinaia di chiavi finte. I ragazzi hanno rastrellato il paese con uno zelo degno delle peggiori polizie dell'America Latina, cercando in ogni casa, sotto ogni zerbino, sotto ogni vaso di fiori. Alla fine avevano riportato al campo molte più chiavi di quante ne avevamo nascoste. I capi hanno dovuto chiedere scusa a tutti gli abitanti che mantenevano ancora l'abitudine di lasciare le chiavi di riserva della casa nascoste fuori della porta.
Le strade dei minatori e gli altri castelli
Se dall'Aia Piana si risale verso i monti la strada che costeggia il torrente Fenella si arriva a altro castello di Arcevia: si tratta di Caudino, che prende il nome dal Monte, alto 501 metri, che domina questa parte di regione.
La strada che segue il corso del torrente è molto bella e apre la strada verso l'Alta Marca. Di qui si passava per raggiungere la miniera di Cabernardi.
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