Foce di Montemonaco, l'ultima, la lontanissima
Non plus ultra
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La settimana dopo c'era un metro di neve
tra larici che scortano i
chilometri finali di salita verso Foce.
Come Alessandria Escate, l'estrema propaggine
del regno di Alessandro, Foce
è l'ultimo avamposto
umano
prima della valle senza uscita del Lago di Pilato.
Escate: “la lontanissima”, ma anche “l’ultima”, un attributo che riguarda tempo e spazio e che la colloca in una dimensione quasi astratta; d'altra parte, di Foce, vale il simbolo più della salita e non siatene delusi, se, in questo articolo, si legge meno della strada che di tutto quello che c'è intorno.
Start: Tofe di Montemonaco
Finish: Foce
Distance: 5.5 km
D+: 210 m
Avg Grade: 3.5 %
Max Grade: 9.6 %
Min Elev: 750 m
Max Elev: 960 m
Climb Category: 3
Strava segment: 21022179
La chiesa di Santa Maria in Casalicchio a Tofe di Montemonaco è la porta d'ingresso per l'ultima parte della valle dell'Aso. Era un santuario di notevole richiamo religioso e meta di numerosi pellegrinaggi, un luogo in cui si andavano a sanzionare o legalizzare i giuramenti. Dietro il campanile la strada si inoltra nella valle tra la montagna della Sibilla, a destra, e il massiccio del Monte Vettore a sinistra. In fondo alla gola, un paese, che sulle vecchie mappe si chiama Fauce. Esce dalla valle, nessuna strada, solo sentieri.
Arrivare in cima è facile: sono solo 5 chilometri tre dei quali quasi pianeggianti, la carreggiata è larga, anche il fiume, che oggi è regimentato dalle dighe e da un acquedotto, non è più quello che Antoine del la Sale descriveva come "non molto lungo, ma uno dei più pericolosi del mondo per bere, sia per le persone sia per i cavalli o qualsiasi altro animale"
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La strada procede in pianura fino a una strana frazione chiamata Rocca. Il paese fortificato sembra posto a protezione dell'alta valle e, in effetti, varie fonti, tanto prestigiose quanto inaffidabili come Pierre Bersuire e Fazio degli Uberti, attestano l'esistenza di una guarnigione messa a difesa del lago. Le case antiche di Rocca sono più curate e decorate della maggior parte di quelle di Montemonaco, segno di un'insolita ricchezza. La salita inizia qui dove Rocca finisce.
Dopo circa un chilometro ancora pedalabile s’incontrano le fonti delle “Pisciarelle” con il notevole gettito d’acqua, da molti ritenute “minerali“.
Poco dopo c'è una galleria che buca la grande frana del terremoto 2016 e che ha isolato Foce per molto tempo. La galleria è inspiegabilmente preceduta da un semaforo, con la bici si consiglia di passare a sinistra, sulla strada che era stata costruita per emergenza e ora è chiusa al traffico (forse per tutelare i pedoni?)
La pendenza non è mai alta, ma, diciamo, che dalle Pisciarelle in avanti comincia a farsi sentire, (soprattutto se si è partiti da Pedaso).
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Quando una strada attraversa una gola, spesso sale lentamente che quasi non ci si accorge. La gola dell'Aso assomiglia a quelle dell'Esino e del Sentino-Frasassi dove la strada corre sul fondo della valle a fianco al fiume. Altra particolarità, oltre al fatto di essere una strada senza uscita, è che la salita non fa nessuna curva. Se si incappa nel vento contrario e in una giornata particolarmente fredda questa peculiarità potrebbe dare qualche problema.
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Pedala, pedala, quello della Gola è un paesaggio di monotona bellezza, le pareti delle montagne si fanno ormai più strette, si nota un'insolita presenza di larici, indizio che la valle, orientata perfettamente a nord e coperta in tutte le direzioni da cui può venire il sole, è un posto umido e freddo. Si arriva a Foce quasi senza accorgersene, la pendenza che dalla galleria in poi si era fatta finalmente seria, molla e, dopo qualche centinaio di metri di pianura, spuntano i tetti sparsi del borgo e sulla sinistra appare il laghetto.
L'asfalto termina a 950 metri di quota davanti a un'affollata (è sempre affollata, nonostante il paese conti meno di 20 abitanti) piazzetta, con il rifugio e la chiesetta. Volendo si può prosegure l'escate fino a quota 1140 lungo il comodo sentiero che attraverssa i Piani di Gardosa, ma l'accesso all'alta valle con i laghi di Pilato è impedito dalla parete verticale su cui si arrampica il noto sentiero delle Svolte. Non plus ultra.
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Dire che tutto è rimasto come ai tempi di Antoine de la Sale (leggi sotto) significherebbe spararla grossa. Del borgo storico di Foce rimangono poche case, mentre molte sono le costruzioni degli anni '60. Non esiste più la grande chiesa con i campanili gemelli di S(an)cta Ma(ria) de Fogia riportata nel disegno di La Sale e nemmeno le torri e la fortificazione; in compenso è stata rinaturalizzata la strada bianca fuori misura che era stata concepita per servire l'assurdo poligono militare del Piano della Gardosa, il laghetto è stato ripristinato e la conca conserva quel qualcosa di magico che da almeno seicento anni alimenta i racconti più inverosimili.
Foce nel XV secolo: il racconto di Antoine del La Sale
Il 1° giugno 1420, lo scrittore francese Antoine de La Sale, di ritorno da una missione in Italia, si recò sui Sibillini, a Norcia e a Montemonaco. Fece un bella deviazione per "soddisfare lealmente" una promessa fatta alla Principessa Agnese di Borbone, la figlia tredicenne di Giovanni senza Paura, incantata dai racconti e dalle leggende della Sibilla che erano rappresentati in un arazzo del suo castello.
L’autore francese redasse un resoconto della sua avventura alla ricerca del celebre regno nascosto, che intitolò “Il Paradiso della Regina Sibilla” e che consideriamo oggi una delle principali opere letterarie sul patrimonio culturale dei Sibillini.
Perché rovinare un sogno con la realtà? L'autore semina nel cuore della montagna, dettagli propri della tradizione del romanzo cavalleresco e dell'immaginario celtico realizzando quella che è stata definita "un'astuta miscela di elementi cronachistici e fiabeschi".
Il libro si presenta come un memoriale di viaggio nel quale lo scrittore descrive minuziosamente i luoghi che ha attraversato, le piante e i fiori, le persone, ma non si fa scrupolo di inserire dettagli funzionali a rinforzare le fantasie della sua principessa e che in maniera (volutamente) acritica ricava dai racconti delle persone che ha incrociato sul cammino: due giovani di Montemonaco, un prete pazzo che in gioventù aveva accompagnato il Tannahauser, locandieri che custodiscono i resoconti di cavalieri e signori che, prima di lui, si erano avventurati nel regno della Sibilla.
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| Foce con il suo lago |
Un compendio del viaggio di De la Sale e la sua visita della grotta della Sibilla lo potete trovare su Magicmountains.it, se andate a Montemonaco trovate in vendita il libro di La Sale in una bella edizione a cura di Patrizia Romagnoli (2001, Verbania, Tararà); su Salite delle Marche ci concentriamo su altri dettagli strampalati:
Antoine de la Sale arrivò a Foce probabilmente da Forca Viola. Era stato prima a Norcia perché, per attraversare la valle del Lago di Pilato era necessario avere un salvacondotto del Comune. Troppa gente strana frequentava quei posti e De La Sale riferisce che i pastori locali si sentivano autorizzati a uccidere le persone sospette, farle a pezzi e buttarle nel lago.
Il Lago doveva avere un aspetto molto diverso da quello attuale: non aveva la caratteristica forma ad occhiale, ma era circolare con un'isola al centro che - si dice - un tempo era stata fortificata per evitare che venisse usata per cerimonie empie.
De La Sale esagera, scrive che il lago era grande come il centro della città di Moulins, ma le esagerazioni che ci colpiscono di più sono altre:
Ce mont du lac est a la haulteur de dix milles, selon le dit des gens du pays...
Questo Monte del Lago è alto dieci miglia, al dire della gente del luogo...
...et quant on est sus, on voit bien clerement la mer de Romme devers le midi e du costè de la tramontaine voit on bien clerement le gouffre de Venise c'on dist la mer Oceane
...e quando si è in vetta si vede chiaramente il mare di Roma verso sud e della parte di tramontana si vede altrettanto charamente il Golfo di venezia che qui chiamano Mare Oceano
La stima dell'altitudine di una montagna ancora nel XV secolo era soggetta a enormi approssimazioni, mala stima dell'altitudine del Monte Vettore di 15000 metri ci suona francamente esagerata (poi a ben vedere il Teide era stimato 13000 m il monte Athos - quello sulla Terra - 40.000 m). L'affermazione secondo cui dalla cima si potesse vedere il Mar Tirreno torna altrettanto esagerato, ma questo dettaglio sicuramente gli sarà stato riferito dalla "gens du Pays".
Più credibile il dato secondo cui il Vettore fosse coperto di neve in ogni momento dell'anno. Sappiamo che nel 1400 l'Europa era nel pieno di un pulsazione fredda che, in inverno, faceva gelare la Senna e il dettaglio corrisponde alla descrizione di un lago più grande di forma circolare.
Lo scrittore francese deve aver visto il lago perché decrive l'isola rocciosa al centro e fornisce una stima piuttosto precisa della depressione che ospita il lago "profonda circa un quarto dell'altezza [del Vettore]".
Nemmeno lui ha visto le mura che in un lontano passato sarebbero state costruite intorno all'isoletta per impedire l'accesso ai negromanti. Ah naturalmente del lago "si dice che non si trovi il fondo". Purtroppo, di questo siamo certi, non è vero.
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